Martedi, 16 aprile 2024 - ORE:21:17

La musica stimola il cervello e può costituire un “vantaggio evolutivo”

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Uno studio di Peter Janata ha evidenziato come le canzoni siano efficaci nell’attivare la corteccia mediale, responsabile del recupero dei ricordi della memoria autobiografica; lo stimolo diventa più intenso con le canzoni malinconiche. L’ascoltare una canzone estremamente potente e significativa per noi, che ci scatena “la pelle d’oca che ci viene quando ascoltiamo “ per esempio “il tema di Titanic ‘My Heart Will Go On’ di Celine Dion provoca una reazione del sistema autonomo collegata al coinvolgimento del circuito neutrale dopaminergico del piacere (per la precisione, il nucleo accumbes e l’area tegmentale centrale) lo stesso che viene attivato anche dal rapporto sessuale o dall’assunzione di cocaina “ spiega Elvira Brattico, neuroscienzata all’università di Helsinki.

Questo discorso vale per la musica in generale, ma sappiamo bene che esistono diversi generi, e che ognuno di noi ha i propri gusti musicali che variano nel corso del tempo, influenzati da eventi che segnano la nostra vita, dalle persone che frequentiamo, dalla nostra personalità e via discorrendo. Riguardo a questo proposito “ è stato dimostrato che per esempio chi desidera soprattutto nuove esperienze tende ad amare generi come il jazz o l’heavy metal, gli estroversi invece si orientano sul pop commerciale – spiega Elvira Brattico – la lirica presenta maggiori complessità armoniche rispetto al pop e quindi può essere apprezzata maggiormente da ascoltatori con più solida esperienza musicale. L’heavy metal o ancor più il death metal ( o anche free jazz e la musica classica contemporanea ) utilizzano invece molte dissonanze che sono oggettivamente ‘ spiacevoli’ “, ma che comunque piacciono molto poiché fungono da elementi distintivi.

Alla fine dei conti qualunque sia il genere, la musica allena l’emotività e ci rende più creativi; questo piacere , “ questo desiderio, si può far risalire a più di quarantamila anni fa : l’età del primo flauto rinvenuto nella caverna di Divje Babe ( Slovenia ) . Da allora la musica, rassicurandoci e offrendoci nuove prospettive, è stata senz’altro per noi un vantaggio evolutivo “ conclude la neuroscienziata.

E se invece di limitarci a ascoltare semplicemente, si crea musica suonando uno strumento?

Ovviamente ci sono dei grossi vantaggi nel suonare costantemente un qualunque tipo di strumento; anche in questo caso studi scientifici dimostrano che il dedicarsi allo studio della musica rallenterebbe il declino uditivo tipico della vecchiaia e migliorerebbe di gran lunga la memoria. Lo afferma uno studio della Nortwestern University, pubblicato sulla rivista “ Neurobiology of Aging “.

I ricercatori d’oltreoceano sono giunti a queste conclusioni misurando le risposte cerebrali ad alcune tipologie di suoni di un ‘ottantina di musicisti giovani e meno giovani, e di coetanei non musicisti, dando quest’incredibile risultato : “ i musicisti più anziani non solo hanno avuto prestazioni migliori dei loro coetanei non dediti alla musica, ma si sono rivelati capaci di codificare lo stimolo sonoro altrettanto velocemente e accuratamente dei giovani musicisti “ riferisce la neuroscienziata Nina Kraus, che ha coordinato lo studio “ i nuovi dati – a detta di un esperto in materia, Don Caspary della Southen Illinois University – supportando l’idea che il cervello possa essere allenato a superare, in parte, la perdita uditiva legata all’invecchiamento.

Queste nuove osservazioni, insieme ad alcuni dati recenti raccolti negli animali, suggeriscono fortemente che un allenamento intensivo anche in tarda età possa migliorare la capacità di decodificare i discorsi da parte degli anziani, e di conseguenza la loro capacità di comunicare in ambienti complessi e rumorosi “.

Tuttavia questa non è proprio una grossa novità : sempre la neuroscienziata Kraus in studi precedenti afferma che l’allenamento musicale possa contribuire anche sul fronte della memoria, un altro aspetto problematico dell’invecchiamento. Insomma, un rapporto lungo e intenso con la musica sarebbe capace di mitigare i cambiamenti legati all’età nel cervello dei musicisti.

In altre parole nel musicista di lunga data l’udito si adatterebbe all’universo dei suoni, sviluppando una maggiore resistenza al decadimento fisico , rispetto a quanto invece accade in chi ha avuto pochi o sporadici approcci con la musica.

Insomma la musica è estremamente salutare, e un ottimo stimolante. Che altro potrei aggiungere a queste notizie così positive e piacevoli per noi giovani spesso accusati di “rimbambirci” con le cuffie?


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